Cocktail analcolici: trend, fattori di successo e istruzioni per l'uso – Drink Factory

Cocktail

Cocktail analcolici: trend, fattori di successo e istruzioni per l’uso


Se ne parla già da un po’, ma ogni anno i dati in nostro possesso non fanno altro che confermare la tendenza: le bevande analcoliche stanno guadagnando una importantissima fetta di mercato, destinata a crescere nel prossimo futuro.




06 Giugno 2024

Una ricerca dell’IMARC, l’International Market Analysis Research and Consulting Group, ha stimato che il mercato globale delle bevande no-alcol dovrebbe raggiungere i 15,4 miliardi di euro entro il 2032, con un tasso di crescita annuo del 6,56%.
Previsione confermata anche dalla IWSR, l’agenzia che studia il settore beverage per il monitoraggio delle prestazioni di marca, mercato e categoria a livello globale. Se non hai mai sentito parlare dell’IWSR, sappi che tutte le maggiori aziende internazionali produttrici di bevande e le istituzioni finanziarie che le sovvenzionano utilizzano il suo database per monitorare le tendenze del mercato, per migliorare l’analisi competitiva, nonché per la strategia e la pianificazione delle campagne pubblicitarie dei loro prodotti.

 

Sul sito dell’associazione si possono reperire importanti informazioni sulla nuova inclinazione, spinta soprattutto dai consumatori Millenial (nati fra gli anni ’80 e la fine degli anni ‘90) e della Gen Z (coloro nati fra il 2000 e la prima metà del decennio successivo), che hanno scoperto nella “moderazione” e nella totale astinenza dalle bevande alcoliche nuovi interessi per approcciare al loro consumo. Fra le novità del mercato, la stessa IWSR dirige l’attenzione, soprattutto negli Stati Uniti, ai “no-alcohol agave spirits”, alle birre artigianali analcoliche e a quelli che definisce “alcohol adjacents”, ovvero bevande alcol free contenenti sostanze nootropiche (che aumentano le capacità cognitive degli esseri umani), adattogene (che aiutano l’organismo a gestire lo stress) e/o CBD (utile a semplificare l’interazione sociale).

 

Insomma, il mercato delle bevande no-alcol sta maturando, ed allo stesso tempo si sta evolvendo più rapidamente di quanto pensiamo. Di conseguenza, non possiamo più permetterci di non focalizzare la nostra attenzione su questo trend.

 

Le ragioni del successo

 

Quali sono le ragioni che stanno spingendo sempre più consumatori a preferire le bevande analcoliche?

Proviamo ad elencarne qualcuna.

A dominare fra le motivazioni è sicuramente la volontà di eliminare o ridurre il consumo di alcol. Le concrete e corrette campagne di sensibilizzazione elaborate dagli organi dello Stato, in concomitanza con l’Istituto Superiore di Sanità, hanno cominciato da qualche anno a dare i loro frutti, allertando i consumatori sui rischi di un consumo incontrollato o prolungato delle bevande alcoliche. Ad impattare soprattutto sulla popolazione sono stati le informazioni volte a far luce sui rischi per la salute e i richiami alla sicurezza stradale, che hanno permesso di salvare un elevato numero di vite, limitando gli incidenti causati da guidatori ubriachi.

Secondo aspetto: riduzione dell’apporto calorico. Mai come nell’ultimo periodo l’attenzione al proprio peso e alle proprie forme hanno dominato i discorsi di nutrizionisti, dietologi e consumatori. Effettivamente, a guardare le tabelle nutrizionali delle bevande alcoliche, qualche piccola remora è più che lecito farsela. Se, infatti, un grammo di carboidrati corrisponde a 4 kcal ed uno di grassi a 9 kcal, l’alcol etilico si inserisce esattamente nel mezzo con i suoi 7 kcal per grammo, risultando inoltre privo di qualsiasi altro valore nutrizionale. Le nuove generazioni mostrano grande attenzione al loro aspetto fisico, sicuramente in maniera molto maggiore rispetto alle generazioni precedenti, per questo fanno spesso scelte ponderate e consapevoli in merito a quello che ordinano al ristorante o al bar.

Terzo aspetto: sostituzione dell’alcol con ingredienti salutari. Ci stiamo spostando finalmente verso un terreno a noi più conosciuto, quello delle bevande miscelate. Se un drink non prevede l’utilizzo di componenti alcoliche, queste possono essere sostituite da ingredienti che hanno sulla nostra clientela un gancio emotivo molto forte, come quello del benessere. Estratti freschi di frutta e ortaggi, erbe benefiche e bevande fermentate (come il Kombucha, un tè zuccherato ottenuto da una colonia di batteri e lieviti definita SCOBY che trasforma l’etanolo in acido acetico) sono in grado di portare all’interno del mio drink un insieme di vitamine, molecole organiche e antiossidanti capaci di impattare positivamente sul nostro organismo, senza che l’alcol ne vanifichi l’efficacia. Sempre più spesso ci si riferisce a queste miscele con il nome di “Healthy Drinks”.

I Cocktail Analcolici

 

Ed eccoci definitivamente ad entrare più in profondità nel discorso sui drink analcolici ed al perché dovremmo approcciare a loro con una visione totalmente nuova.

Certo, i Cocktail Analcolici esistono da sempre: anche sul libro di Jerry Thomas del 1862, The Bar Tender’s Guide, è presente una intera sezione dedicata alle bevande prive di alcol, intitolata Temperance Drinks, in cui il bartender più famoso della storia ha riportato le ricette di 15 drink no alcol. Ma come detto qualche riga più sopra, il settore sta evolvendo freneticamente e non possiamo più permetterci di pensare che oggi i nostri clienti si accontentino di un po’ di succo di frutta miscelato con qualche sciroppo o di una soda aromatizzata per dissipare la loro curiosità sui nuovi trend globali.

I “mocktail”, termine con cui si fa riferimento ai drink analcolici, ottenuto dalla fusione dei termini “to mock” (ingannare) e cocktail, da qualche anno si stanno configurando come una proposta autorevole e dignitosa, che ha smesso di essere la versione sbiadita dei grandi classici internazionali. Il mio consiglio è quello di non banalizzare questa nuova categoria, ma di avvicinarti ad essa con la stessa passione, la stessa dedizione ed il medesimo studio che investi nella realizzazione dei drink alcolici. Ricordati sempre che il protagonista delle tue serate è sempre e solo il cliente, ed un cliente che non ha sperimentato una proposta coinvolgente (anche se analcolica) è un potenziale avventore perso.

Di seguito troverai i concetti che mi hanno permesso di elaborare la mia personale proposta di drink analcolici.

 

Le parole d’ordine

Sono tre le linee guida che nel corso degli anni mi hanno aiutato nella creazione dei drink analcolici. Te li elenco brevemente, per poi spiegarteli singolarmente.

In ordine di importanza crescente sono: stagionalità, innovazione e creatività

 

Stagionalità:
L’Italia è un paese assolutamente unico nel panorama mondiale, che ha la fortuna di possedere una variegata schiera di microclimi ed una multiforme composizione dei propri suoli: entrambi questi fattori permettono alle materie prime naturali di sviluppare una poliedrica varietà dal punto di vista gustativo e nell’aspetto aromatico. Questo concede a noi bartender di avere fra le mani una tavolozza di sapori praticamente illimitata con cui potere sperimentare: ti basta pensare a quante cultivar di pesche ci sono nel nostro Paese per capire a cosa mi sto riferendo.

La stagionalità è un aspetto importante di questa ricchezza, che ci autorizza ad avere accesso a molti frutti e molte verdure all’apice della loro maturazione e a prezzi contenuti, o quanto meno accessibili. Inoltre, stagionalità fa rima con sostenibilità, un elemento che sempre più persone considerano importante per definire le proprie scelte di consumatori che hanno a cuore il rispetto per il nostro pianeta.

Insomma, conoscere le materie prime e la loro stagionalità è un ottimo inizio da cui partire.

 

Innovazione
Anche l’innovazione è un fattore importante, che permette alla nostra clientela di percepire il proprio drink analcolico come qualcosa di studiato e a cui è stato dedicato del tempo in fase di ideazione e realizzazione. Come hai letto nel primo paragrafo di questo articolo, le aziende stanno investendo in sviluppo e ricerca per portare sul mercato sempre nuovi prodotti in grado di soddisfare o anticipare le esigenze del mercato: i gin analcolici elaborati da storici grandi marchi o da nuovi produttori non sono altro che il primo passo di un processo che risulterà inarrestabile. Alternative no-alcol al tequila o alle birre artigianali sono già disponibili negli Stati uniti. Il loro arrivo sui nostri scaffali è solo questione di tempo.

Ma oltre alle innovazioni elaborate dalle grandi aziende, ti consiglio di non tralasciare la tua personale formazione. Come trattare una materia prima, come estrarre al meglio le sue componenti aromatiche, come realizzare uno sciroppo od uno shrub homemade, come gasare correttamente un liquido o come realizzare una schiuma o una foam partendo da un frutto o da un ortaggio ti aiuterà a differenziare la tua proposta da quella dei tuoi diretti competitor, avvantaggiandoti nel proporre qualcosa di unico ed altamente personalizzato ai tuoi clienti.

 

Creatività
Si torna sempre alla creatività.

Reperibilità della materia prima e la sua lavorazione per ottenere un ingrediente unico e ben fatto sono solo una parte della formula per la creazione di un cocktail analcolico efficacie e non banale. Il fattore determinante risiede nella creatività.

Oltre ad un equilibrio e ad un bilanciamento perfetto fra le differenti componenti del drink analcolico, ti consiglio di focalizzarti sull’utilizzo di ingredienti sia comuni sia non scontanti e di ricercare pairing sorprendenti, per incuriosire il tuo cliente ancora prima che possa portare il cocktail alle labbra. Ricordati però di non esagerare con gli abbinamenti: il drink deve essere sempre e comunque delizioso da consumare, altrimenti non stai facendo della miscelazione, ma degli sterili esercizi di stile.

Cosa devi tenere a mente quando elabori una proposta analcolica?

 

I fattori in gioco sono tanti. Di seguito te ne elenco qualcuno in maniera rapida per mostrarti che la proposta analcolica non è da prendere con eccessiva leggerezza.

Innanzitutto, devi ragionare sul numero di analcolici da mettere in menù, in virtù di qual è ad oggi la richiesta di drink no-alcol nella struttura presso cui lavori. Non ha senso inserire sulla carta cocktail 6 o 8 analcolici se la domanda giornaliera non supera i 3 o 4 drink alcol free; di contro, averne solo un paio a fronte di una richiesta di 20 o più a servizio, vuol dire che stai sottovalutando l’importanza dell’offerta alla tua clientela.

Qualora la domanda di drink analcolici fosse di una certa entità, devi analizzare la tua clientela. Si tratta di persone che si accontentano di rielaborazioni analcoliche dei classici della miscelazione (Virgin Mojito e Virgin Piña Colada, per intenderci) e di qualche succo addolcito con dello sciroppo, o trovi che si tratti di clienti curiosi che rispondono bene anche ad abbinamenti più fantasiosi e che sono disposti a sperimentare anche con creazioni meno scontate?

Infine, ricordati sempre di valorizzare la tua personale proposta di analcolici, al pari di quella classica. Comunicare e presentare con la stessa attenzione e cura ai particolari entrambe le tipologie di bevande miscelate, farà percepire al cliente tutto lo studio, la ricerca e il perfezionamento che hai investito nelle ricette con o senza alcol. Il tuo avventore coglierà l’impegno che gli hai dedicato, e non riterrà la bevuta alcol free come una soluzione di serie B.

 

Recap di fine articolo

Se non hai tempo per leggere tutto l’articolo o se per pigrizia innata sei portato a scrollare senza metabolizzare informazioni, ecco il bignami di quanto detto sopra.

 

  1. Le nuove generazioni sono più portate a sperimentare con le bevande analcoliche
  2. Le aziende produttrici hanno captato l’affare e stanno già commercializzando prodotti innovativi e dalle caratteristiche interessanti
  3. Per fare drink analcolici non basta più miscelare del succo di frutta e dello sciroppo; la clientela sta ampliando le proprie aspettative
  4. Per fare drink analcolici di livello ti devi basare sui concetti di stagionalità, innovazione e creatività




Andrea Dolcini

Classe ’84. Più volte corsista in Drink Factory. Vent’anni dietro il banco bar, oltre trenta sui libri. Dopo la laurea in Lettere capisce che l’insegnamento è la sua passione e nel 2015 comincia a tenere corsi per aspiranti bartender. Nel 2021 Mastellari lo teletrasporta a Bologna, per trasmettere ai nuovi studenti quanto imparato fra le pareti della Scuola. Scrive, tiene corsi, beve tè e ascolta le balene.